Reggio Emilia – CONSORZIO DI BONIFICA DELL’EMILIA CENTRALE – 15 luglio 2015. Oltre 100mila capi, in costante aumento. A tanto ammonta il numero di nutrie, stimato, nel comprensorio del Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale. Una situazione insostenibile per i gravi danni riscontrati.
“La pericolosità delle nutrie – spiega Marino Zani, presidente Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale – oltre ai danni provocati nei raccolti, costituisce un fattore di grande minaccia per la stabilità delle sponde e degli argini dei canali consortili in quanto nidifica nelle sponde dei canali creando grosse e pericolose voragini”.
“Riprendiamo l’allarme lanciato da Coldiretti Reggio Emilia – prosegue il presidente –, il Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale, ribadendo che la fauna selvatica, ed in particolare la nutria, costituisce un fattore di grande rischio per la sicurezza idraulica oltre che per l’incolumità di tutti coloro che, per motivi professionali o si svago, percorrono gli argini dei canali di bonifica. Per cui auspichiamo che i piani di controllo e eradicazione delle nutrie vengano al più presto resi operativi”.
“La bonifica – aggiunge Domenico Turazza, direttore Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale – non intende restare passiva di fronte a questa emergenza ed ha pertanto deciso di partecipare ai piani di eradicazione e controllo delle nutrie predisposti dalle province di Reggio Emilia e di Modena, oltre che dal Comune di Moglia, con un significativo contributo alla loro realizzazione”.
In Emilia Romagna i danni accertati e risarciti ammontano a 2 milioni di euro, 1,4 milioni dei quali pagati dall’ente pubblico e 600 mila euro dagli Ambiti territoriali di caccia (Atc), ma si tratta solo di una parte dei danni realmente subiti che, secondo stime Coldiretti regionale, ammontano ad oltre 3 milioni.
“Purtroppo – aggiungono dal Consorzio – il caso di un argine perforato, soprattutto in inverno, ma anche in estate può causare danni di dimensioni incalcolabili se si considera come larghi territori della Bassa siano interamente difesi dalle acque proprio da argini e canali. Basti pensare che nella Relazione stilata da alcuni tra i più importanti nomi dell’idraulica la causa scatenante la rottura dell’argine del Secchia del 18 gennaio 2014 è stata individuata proprio nelle tane degli animali selvatici che hanno ridotto la resistenza del corpo arginale del Secchia”.