Roma, 17 aprile 2020 – Dopo le manutenzioni invernali, il progressivo rientro dell’acqua nello storico canale Villoresi, in Lombardia, è l’ulteriore tessera del puzzle irriguo (lunedì toccherà al grossetano) che, giorno dopo giorno, sta dissetando le campagne italiane in un avvio di stagione, che si preannuncia problematica per la conclamata siccità al Sud e la preoccupante disponibilità delle risorse idriche al Nord. L’Italia, con 20 miliardi di metri cubi d’acqua annualmente utilizzati in agricoltura per la produzione di cibo, è tra i Paesi europei, che maggiormente fanno ricorso all’irrigazione: è seconda in termini di superficie irrigata solo alla Spagna e quarta in termini di incidenza della superficie irrigata sulla S.A.U. (Superficie Agricola Utile) dopo Malta, Cipro e Grecia. Nel nostro Paese, l’agricoltura costituisce un settore importante, in quanto il valore della produzione agroalimentare risulta di circa 270 miliardi di euro (l’export vale circa 45 miliardi, di cui l’85% è irriguo) con 3.300.000 occupati. In un’analisi svolta con l’Università di Trieste si è stimato il valore dell’irrigazione a partire dall’effetto prodotto sul valore dei suoli agrari, considerando una relazione statisticamente significativa fra il Valore Agricolo Medio (V.A.M.) di una coltura e la possibilità di irrigarla. Dall’analisi è emerso che il V.A.M. delle colture economicamente più importanti (seminativo, frutteto, orto, prato) si aggira sui 40.000 euro ad ettaro, con un massimo al Nord (52.000 euro/ha) ed il minimo al Centro (20.000 euro/ha). La presenza dell’irrigazione condiziona in modo significativo il valore, introducendo una differenza fra irriguo e non irriguo pari a 13.500 euro/ha. In termini percentuali tale differenza è più elevata al Centro-Sud (60-80%) rispetto al Nord (39%) a causa delle differenze climatiche. “E’ a partire da questi dati – interviene Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – che stiamo conducendo la nostra battaglia a Bruxelles, attraverso Irrigants d’Europe, per affermare in sede comunitaria la fondamentale funzione dell’irrigazione per le agricolture mediterranee, fortemente soggette alla disponibilità del primo fattore produttivo: l’acqua.” Il beneficio prodotto dall’irrigazione si differenzia, oltre che per latitudine geografica anche per colture praticate. Nei seminativi, mediamente, l’incremento di valore riconducibile all’irrigazione è pari a circa il 27%. Il contributo massimo si registra per i suoli a colture specializzate: frutteto (+35%) e orto (+82%). Significativo è pure il contributo fornito al valore dei prati (+48%) che, nel Nord Italia, richiedono elevati volumi d’acqua. “Lo studio, cui ci riferiamo – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – evidenzia come l’irrigazione sia essenziale per la sopravvivenza dei sistemi agricoli italiani, basati sulle colture specializzate, al Nord come al Sud, contribuendo in modo significativo al valore agricolo e quindi alla stabilità di reddito per l’impresa rurale, riducendone i rischi legati ad un andamento meteorologico, sempre più condizionato dai cambiamenti climatici.” L’irrigazione, garantendo competitività economica, favorisce la permanenza delle comunità sul territorio, permettendo il mantenimento delle filiere produttive oltre a provvedere alla ricarica delle falde sotterranee, a consentire il mantenimento di aree umide, agroecosistemi e paesaggio, a ridurre la subsidenza e l’intrusione salina nelle falde. “In sintesi, sono queste – conclude il Presidente di ANBI– le funzioni ecosistemiche, il cui valore vogliamo affermare nella cultura della politica e della burocrazia in Italia ed in Europa”.

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