CASTELNOVO MONTI (7 giugno 2010) – "Riqualificare il reticolo idraulico
dell’Appennino per prevenire le situazioni più gravi. E farlo attraverso
tecniche di sistemazioni idrauliche e forestali rispettose dell’ambiente".
E’ la proposta del professor Gian Battista Bischetti dell’Istituto di
Idraulica Agraria dell’Università degli studi di Milano che, nei giorni
scorsi a Castelnovo Monti ha spiegato l’attualità dell’opera del Consorzio
di Bonifica dell’Emilia Centrale a favore dell’Appennino. Hanno preso parte
all’incontro, affollato da numerosi tecnici e amministratori, il presidente
del Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale, Marino Zani, i dirigenti e
tecnici consortili Aronne Ruffini e Pietro Torri, l’ingegner Marco Monaci
del Centro italiano per la riqualificazione fluviale, il professor Gian
Battista Bischetti, i geologi Giovanni Truffelli e Giuseppe Caputo del
Servizio Tecnico di Bacino.
"L’Appennino per la sua conformazione geomorfologica – spiega Marino Zani –
ha una situazione di estrema fragilità, con strati permeabili e scivolosi,
che richiedono la continua attività dell’uomo per la prevenzione
dell’instabilità dei suoli". Sono stati così presentati gli ultimi
interventi consortili realizzati nel comprensorio montano e quelli
programmati per il 2010 che in totale, per l’intero territorio consortile
ubicato nelle province di Modena, Reggio Emilia e Parma, assommano ad oltre
4 milioni di euro. "Oggi – ha spiegato Ruffini – operiamo sempre con studi
di prefattibilità ambientale per minimizzare l’impatto paesaggistico delle
opere realizzate". Ed ecco, quindi, una panoramica di soluzioni adottate
dalla Bonifica per la sistemazione di zone interessate da movimenti franosi
attraverso l’utilizzo di materiali naturali come pietra, legno, inerbimenti.
"Interventi di ingegneria naturalistica sono stati di recente effettuati –
ha spiegato Ruffini – a Rio della Chiesa (Canossa), nel campo giochi di
Rosano (Vetto), nella strada per il cimitero di Vetto mentre uno
spettacolare inerbimento di zone franose è stato realizzato sul bacino del
Rio San Luca. Inoltre opere di regimazione idraulica a basso impatto
ambientale si trovano nel Rio delle Vigne (Vezzano sul Crostolo), sul Rio
Coloreto e sul Rio delle Frattine (Nirone)".
"l’attività consortile in Appennino – ha aggiunto Pietro Torri – è attuata
in un territorio di 178.200 ettari, comprendente 34 comuni tra Modena,
Reggio e Parma. In particolare vengono effettuate opere viarie minori, opere
di sistemazione movimenti franosi ed opere idrauliche su corsi d’acqua
naturali. Qui negli ultimi 3 anni sono stati eseguiti lavori per quasi 14
milioni di euro".
Positiva la risposta dei Comuni dell’Appennino reggiano intervenuti. E non a
caso sono stati sottoscritti, a partire dal settembre del 2000, 101
interventi in accordo di programma proprio con i Comuni montani di Reggio e
Modena, per un complessivo di 6 milioni e 300 mila euro di opere.
Nel suo intervento, l’ingegner Marco Monaci del Centro Italiano per la
Riqualificazione Fluviale, in merito a "Buone pratiche per la progettazione
e la gestione del reticolo idrografico minore naturale nell’ottica della
riqualificazione fluviale" ha ricordato le tendenze evolutive di gestione
del reticolo idraulico minore, nella logica della riqualificazione fluviale
per gestire il rischio idraulico, controllare il dissesto spondale e
l’incisione d’alveo nonché l’incremento della biodiversità.
Ad occuparsi delle relazioni conclusive è stato il Servizio tecnico di
Bacino, dove i geologi Giovanni Caputo e Giuseppe Truffelli hanno illustrato
la modalità di intervento su di una frana di grande entità, procedendo prima
mediante le indagini, il monitoraggio e l’interpretazione dei dati, al fine
di impostare gli interventi che spesso richiedono particolari tecniche
applicative e realizzative.