Leggiamo con sconcerto le dichiarazioni rilasciate dall’Unione Provinciale Agricoltori di Ravenna al quotidiano “il Resto del Carlino”, e da questi pubblicate nell’edizione di Ravenna di oggi 28 maggio 2009. Siamo costretti ad intervenire per ristabilire l’oggettività dei fatti, anche a costo di ripetere cose già dette all’Unione (da ultimo, non più tardi di ieri).

1.         La “chiusura dei rubinetti”             Va premesso che non rientra nella normalità della bonifica immettere acque da un canale in un fiume. A maggior ragione quando il fiume, come nel caso del Lamone, è fortemente pensile, ed il canale corre a raso campagna. Il Canale Emiliano Romagnolo incontra nel suo percorso 15 corsi d’acqua naturali, e di norma evita accuratamente di mettere “rubinetti” nelle intersezioni. I fiumi vanno soggetti a piene, anche violente e improvvise, e quindi l’apertura di una via di comunicazione pone problemi molto delicati per la sicurezza idraulica del territorio, legati alla possibilità di esondazione delle acque di piena (per guasto o inceppamento degli organi di intercettazione, errore umano, ecc.) proprio attraverso il condotto di immissione. Evenienze che possono essere prevenute (come è stato fatto per il Lamone) solo attraverso l’adozione di costosi e ridondanti dispositivi di sicurezza. Anche a prescindere dalla sicurezza idraulica del territorio, l’immissione di acque in un alveo fluviale va soggetta a perdite naturali molto rilevanti, a causa principalmente delle infiltrazioni in subalveo; e l’acqua del CER costa, perché deve essere trasportata dal Po lungo un percorso di 93 km, e sollevata in tre diversi punti per superare un dislivello sfavorevole complessivo di 14-15 metri. Il collegamento tra CER e Lamone è stato realizzato nel 1991, a distanza di anni dalla costruzione del canale, su iniziativa dell’azienda idrica di Ravenna, per fini legati all’alimentazione dell’impianto di potabilizzazione cittadino (NIP), a seguito del grave scadimento di qualità delle acque del Reno che ne rappresentavano in precedenza la fonte di approvvigionamento principale. Da allora, il CER interviene, su richiesta dell’azienda, ogniqualvolta le fluenze naturali del Lamone risultino inadeguate, per quantità o per qualità, alla produzione di acqua potabile. Statisticamente, questo avviene a partire dal mese di giugno e fino all’autunno inoltrato, ossia nel periodo in cui le portate naturali sono scarse o nulle. Deve essere chiarito che non è vero che il CER ha chiuso i rubinetti. È vero che il rubinetto del Lamone è chiuso dal novem br e dell’anno scorso, come è normale che sia. Verrà riaperto se e quando il Consorzio ne verrà richiesto dal gestore del NIP, che è anche proprietario e titolare esclusivo dell’opera di presa. 

2.         Gli associati extragricoli del CER    Dall’epoca dell’attivazione dell’opera di presa dal CER verso il Lamone si avvalgono delle immissioni, oltre all’azienda che gestisce il NIP, anche due stabilimenti industriali (Polimeri Europa e Bunge, il primo dei quali associato al Consorzio di secondo grado attraverso la collegata RSI s.c.p.a.), per motivi tecnici legati essenzialmente al comune percorso di adduzione delle acque a valle dell’uscita dal Lamone; in effetti le esigenze dei processi industriali interessati potrebbero essere soddisfatte anche dal Reno (che resta comunque utilizzato come fonte sussidiaria).  Non è vero che gli associati extragricoli non abbiano “pagato la quota al CER perché non gli serviva acqua aggiuntiva”, e del resto il CER non ha ancora emesso gli addebiti per il 2008. È vero invece che gli associati extragricoli lamentano da tempo le fortissime perdite risentite dalla corrente immessa in alveo, dovute (a parte le cause naturali già ricordate) agli attingimenti operati dalle aziende agricole litoranee al fiume. È vero ancora che nell’ultimo periodo gli associati extragricoli del CER – giustamente contrariati dalle sottrazioni di un’acqua che hanno sempre pagato per intero – hanno messo sotto pressione il Consorzio, sbagliando decisamente il destinatario, posto che non è per scelta dell’ente che si utilizza il Lamone come vettore di acque di bonifica, né tanto meno responsabilità dell’ente vigilare sulla corretta utilizzazione delle stesse al di fuori del proprio ambito operativo.  Deve essere chiarito che gli attingimenti per uso agricolo dal Lamone, in quanto generalmente supportati da concessione regionale, sono perfettamente regolari quando il fiume ha portate naturali proprie, ma diventano illeciti quando l’unica acqua presente è quella immessa dal CER, per il semplice motivo che questa acqua viene interamente pagata da altri. 

3.     Il CER e l’agricoltura             È certamente vero che la funzione primaria (anche se non esclusiva) del CER è l’approvvigionamento idrico all’agricoltura. Come pure è vero che gli agricoltori pagano (indirettamente, attraverso i Consorzi di primo grado) contributi per il funzionamento del CER.  Ma non è vero che esista una “convenzione per prelevare l’acqua dal fiume”, anzi è proprio questa che manca e che, se si riuscisse ad instaurare tra tutti i soggetti interessati (associati extragricoli, Regione, Consorzi di bonifica, organizzazioni professionali agricole) potrebbe risolvere tutti i problemi; a condizione naturalmente che ognuno faccia la sua parte dal punto di vista economico.   Quando si parla di soldi bisogna essere molto chiari. Non si può pretendere che il contributo annuale versato al CER da  iari. ralmete , Consorzi di bonifica lità dell’ta da altri.        

 

 

onte sussidiaria. i Consorzi di bonifica associati (e quindi, in definitiva, dagli agricoltori) copra tutte le spese di qualunque ordine e natura. Il cittadino che paga regolarmente l’IRPEF e l’IVA non ha per questo titolo a viaggiare in treno senza pagare il biglietto (neanche quando le ferrovie erano gestite dallo Stato).  Lo statuto del Consorzio (secondo noi, molto correttamente) prevede che gli associati facciano fronte alle spese fisse dell’ente (spese generali, manutenzione) in proporzione alla propria quota di partecipazione (“dotazione idrica”); ma che le spese di esercizio (a cominciare dall’energia elettrica) siano pagate da chi usa l’acqua in proporzione al volume utilizzato.  L’acqua che viene immessa in Lamone dal CER è stata per quasi 20 anni, e sino ad oggi, interamente pagata dagli associati extragricoli. Nessun altro soggetto, agricolo o meno, ha diritto ad utilizzarla a meno che non concorra alle spese.  Se si vuole che il CER estenda i propri interventi di alimentazione artificiale del Lamone alle utenze agricole litoranee, il Consorzio – fatto salvo sempre il principio che chi usa un servizio lo deve pagare – è pienamente disponibile; e riteniamo che lo siano anche gli associati extragricoli, al di là delle recenti polemiche.