4 MARZO 2008 – In Pianura Padana c’è un’area vasta come una provincia, che Provincia non è, a rischio idraulico. Cosa hanno in comune i mantovani Quistello e Poggio Rusco con i modenesi Mirandola, San Felice sul Panaro, Cavezzo? Potrebbero essere una provincia sola, con 90.000 abitanti, grande come quella di Rimini, con 55.000 ettari geograficamente delimitati dagli argini dei fiumi Po, Secchia e Panaro. Siamo a monte del bacino idrografico Burana-Volano, cioè la superficie di raccolta delle acque che scorrono sul suolo che, in questo caso dal Mantovano, passando per il Modenese, arrivano a mare attraverso il Ferrarese.

 Singolare, scoprire, che la metà delle acque meteoriche e di scolo di questo territorio, compreso tra Secchia e Panaro, vanno a finire direttamente in mare, senza passare da Po (quindi…senza costi energetici di pompaggio), attraverso il canale Burana Volano, che sottopossa lo stesso Panaro con l’ingegnosa Botte Napoleonica, doppio canale sotterraneo realizzato a fine Ottocento, tuttora in funzione. L’altra metà delle acque di questo bacino di monte vengono pompate in Po con l’impianto Pilastresi e/o con l’impianto di Moglia di Sermide del Consorzio Terre dei Gonzaga. Questo territorio a ‘catino’ ora è a serio rischio idraulico. E se si verificano condizioni di pioggia particolarmente intense, quali quelle che sempre più spesso si riscontrano negli ultimi anni, non sarà possibile garantire la sicurezza idraulica dell’intero areale di fronte a impianti che portano certamente i segni del tempo”. A lanciare l’appello sono Fausto Balboni e Ada Giorgi, presidenti dei Consorzi di Bonifica Burana Leo Scoltenna Panaro e Terre dei Gonzaga.  Cosa è accaduto?  “Ci troviamo a gestire la sicurezza idraulica del territorio – spiegano i direttori dei consorzi Gianni Chiarelli e Laerte Manfredini – di fronte a un evidente cambiamento climatico, indirizzato verso la tropicalizzazione (con piogge concentrate in alcuni periodi dell’anno e molto violente) e di fronte all’urbanizzazione del territorio che comporta una drastica impermeabilizzazione dei terreni. Le acque, per la somma di questi due fattori, corrono troppo velocemente ai canali e agli impianti che, così, possono non essere in grado di smaltire questi eccessi”.  Cosa lo dimostra? “Se in passato si stimava che nel bacino idrografico di monte di Burana Volano potessero generarsi portate di piena di 80 metri cubi d’acqua al secondo (metà destinate a mare con il canale Burana Volano, metà pompate in Po con l’impianto Pilastresi), uno studio condotto dalla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna dimostra che questo flusso ora può salire a ben 105-110 metri cubi d’acqua al secondo. Decisamente troppi”. Cosa e chi rischia? “La funzionalità idraulica di questo bacino di monte, dove per altro insistono importanti aree residenziali e produttive. Le prime a subirne le conseguenze sono quelle più distanti dagli impianti di bonifica (Botte Napoleonica e impianto Pilastresi), ossia i territori del basso modenese e mantovani”. Quali le soluzioni? “Una prima risposta – rispondono i presidenti Balboni e Giorgi – è stata la costituzione di un Comitato interconsortile per la gestione del Bacino idrografico Burana Volano. Il Comitato ha il compito di studiare le soluzioni progettuali più idonee a risolvere le criticità del sistema Bonifica e di approvvigionamento idrico, per poi concertare con le altre istituzioni che operano sul territorio – ed in particolare regioni, province e comuni – i programmi di realizzazione delle opere più rispondenti alle esigenze”. Ad oggi cosa è stato fatto? “Siamo in attesa della sottoscrizione di un Protocollo d’intesa con le tre Province interessate (Modena, Mantova e Ferrara), per istituire un tavolo di lavoro al fine di poterci confrontare sulle migliori soluzioni tecniche e impiantistiche a questi problemi. È  evidente che ci troviamo di fronte a una rete sottodimensionata e ad una carenza di risorse idriche che ne impone urgentemente la valorizzazione e l’ottimale utilizzo. Data la limitatezza delle disponibilità finanziarie, saranno coinvolte anche le Regioni per investire al meglio risorse pubbliche nei nuovi impianti – che stiamo studiando – a beneficio della sicurezza di tutti”.

 

 Nelle foto: sopra, l’impianto Pilastresi; sotto la Botte Napoleonica

 

  IL BACINO BURANA-VOLANO • Il bacino di monte del Burana Volano (di cui si parla nell’articolo) è solo una parte del bacino idrografico Burana-Volano. Quest’ultimo è rappresentato dalla vasta area che, fiancheggiando il Po da foce Secchia fino al mare Adriatico, recapita le proprie acque nel tratto di costa compreso tra le foci del Po di Goro e del fiume Reno. Questo territorio comprende essenzialmente l’intera provincia di Ferrara, parte dell’Oltrepò mantovano e buona parte della Bassa pianura modenese. Un bacino idraulico di oltre 300.000 ettari, di cui circa 55.000 ricadono nei comprensori del Consorzio di Burana e dell’ex Consorzio di Revere, ora Terre dei Gonzaga in Destra Po, e costituiscono la parte di monte di tale bacino compresa tra i fiumi Secchia e Panaro. Le acque che da lì defluiscono verso il Ferrarese sarebbero naturalmente sbarrate dal fiume Panaro, ma riescono peraltro a raggiungere il mare con metà della loro portata, pari a 40 metri cubi al secondo, sottopassando il fiume stesso attraverso la Botte Napoleonica. Altri 240.000 ettari costituenti il bacino, che si trovano per una metà sotto il livello del mare e per la quasi totalità necessitano di impianti idrovori per scolare le acque in eccesso, sono gestiti dai Consorzi ferraresi 1° Circondario, 2° Circondario e Valli di Vecchio Reno, associati nel Consorzio Generale e ricadono quasi interamente nella provincia di Ferrara. Oltre allo scolo delle acque meteoriche, la movimentazione media annua di quasi 500 milioni di metri cubi d’acqua rende vitale e produttivo questo vastissimo territorio a cavallo di tre province.