Ammontano a 215 milioni di euro i progetti di potenziamento del sistema irriguo regionale, autorizzati dalla Conferenza Stato-Regioni sul Piano irriguo nazionale (Pin), tuttora bloccati sia per controversie burocratiche sia, pare, per problemi di bilancio. “Nonostante la volontà dichiarata dal ministro De Castro – dice Emilio Bertolini, presidente dell’Unione Bonifiche Emilia Romagna (Urber), presente oggi a Parma all’incontro con la Commissione Ambiente della Camera – che apprezziamo, restiamo molto preoccupati. Serve un impegno ufficiale di tutto il Governo, a partire dal ministro dell’Economia Padoa Schioppa per sbloccare una partita decisiva per il futuro del sistema produttivo della regione”.
A fine luglio la situazione nelle nostre campagne non è drammatica, ma fortemente critica: “Il sistema bonifica in Emilia Romagna finora ha dato risposte straordinarie ad una emergenza ormai cronicizzata, garantendo tutta l’acqua possibile per usi agricoli, industriali e civili, e mettendo in atto tutte le azioni di solidarietà ed interconnessione tra Consorzi al fine di ridurre al minimo i disagi”.
A fini irrigui, industriali e ambientali i Consorzi della regione nel 2005 hanno distribuito acque per oltre 1,3 miliardi di metri cubi, su oltre 288.000 ettari, servendo 53.282 aziende agricole. “Quest’anno andremo vicini ai valori dell’anno scorso, il che non è poco, vista la magra eccezionale del Po. Il problema, lo ripeteremo fino alla noia, sono le condizioni strutturali del grande fiume, l’abbassamento dell’alveo, che impongono soluzioni immediate sia gestionali che strutturali. Sono indispensabili, oltre alle risorse del Pin, altri fondi anche per dare attuazione a nuovi progetti tecnici che garantirebbero certezza di attingimento agli impianti di pompaggio esistenti (Boretto, Pilastresi-Palantone, berra, ecc.)”.
Urber apprezza l’impegno dell’assessore regionale Rabboni per il finanziamento coi fondi del Piano di sviluppo rurale (Psr) 2007-2013 di una serie di microinvasi aziendali “ed è inoltre prioritario, per le ricadute più immediate, pensare ad un piano di riutilizzo del sistema cave”. Poi bisogna, aggiunge Bertolini, “trovare i più ampi agganci operativi tra Psr e Pta (Piano tutela acque) nel campo delle tecnologie irrigue e nella ricerca e sperimentazione sull’uso razionale delle acque, settori che vedono il sistema regionale della bonifica all’avanguardia”.
Il ripetersi, a soli tre anni di distanza, della terribile estate del 2003 impone di ricercare a livello del bacino del Po un nuovo modello di governo della magra del fiume che presuppone – conclude Bertolini – tre condizioni: “una effettiva governance di tutto il sistema Po, un modello di gestione delle acque che superi gli attuali squilibri a favore dei gestori della fascia alpina, una politica infrastrutturale di medio periodo che garantisca stabilità alla quota di magra del fiume e il pieno funzionamento dei nostri impianti”.