Quasi 120mila ettari perduti dal 1990 al 2000. E altri quarantamila ‘mangiati’ tra il 2000 e il 2003. Complessivamente in 13 anni l’agricoltura emiliano romagnola ha perso oltre 157.000 ettari di territorio coltivabile (Sau), una superficie vasta quasi quanto l’intera provincia di Ravenna e pari al 7% dell’intera superficie territoriale. Il rapporto tra la superficie territoriale totale della nostra regione e la Sau è passato in 13 anni dal 55.70% al 48.57%, con un’accentuata diminuzione nel triennio 2000-03 pari all’1.8%. Le ulteriori proiezioni evidenziano un ulteriore costante calo di Sau, restringendo sempre più in specifiche aree l’attività agricola. L’Unione Bonifiche Emilia Romagna valuta con estrema preoccupazione questi dati, frutto di una rielaborazione Anbi dei dati Istat.

“Una così marcata perdita di Sau – dice il Presidente regionale, Emilio Bertolini – trova essenzialmente due motivazioni. La prima sono le trasformazioni del territorio verso usi urbanistici o infrastrutturali, confermando un costante trend che colloca l’Emilia Romagna fra le prime regioni in sede nazionale nell’espansione urbanistica. La seconda è il progressivo abbandono dell’attività agricola, soprattutto nell’area collinare e montana, causa la costante perdita di reddito da parte delle imprese. Si priva così un territorio dagli equilibri idrogeologici fragilissimi del costante presidio garantito dal lavoro dell’agricoltore”.

Di fatto negli ultimi quindici anni, per effetto della diminuzione dell’attività agricola, il problema della sicurezza territoriale è aumentato in Emilia Romagna, aggravando di conseguenza l’impegno dei Consorzi di bonifica sia sul versante della sicurezza idraulica verso i nuovi insediamenti urbanistici che verso le aree spopolate.

Da un lato l’urbanizzazione crescente e dall’altro lo spopolamento delle aree montane comportano nuovi gravosi impegni per la salvaguardia idrogeologica del territorio, condizione indispensabile per il futuro di qualsiasi comunità. Se, infatti, l’assenza di manutenzione espone un territorio al rischio di eventi naturali (frane, alluvioni, smottamenti, ecc.), la creazione di nuove aree abitative o produttive obbliga ad adeguare, spesso a realizzare ex novo, la rete idraulica indispensabile a gestire le acque piovane onde evitare allagamenti o esondazioni (la capacità di assorbimento di un territorio ‘cementificato’ è dieci volte inferiore a quella di un’area agricola).

“Di fronte a queste aumentate criticità che aumentano l’insicurezza degli insediamenti civili e delle attività economiche delle nostre comunità – conclude Bertolini – occorrerebbe rispondere con adeguati finanziamenti pubblici in grado di promuovere e mantenere nel tempo un piano di manutenzione territoriale. La realtà purtroppo contraddice le esigenze: la disponibilità di risorse pubbliche si riduce sempre più, sino a rappresentare nell’ultima Finanziaria approvata una vera e propria abdicazione del Governo verso questo grave problema”.

“Di fatto in Emilia-Romagna le uniche risorse economiche destinate con certezza annuale al problema della sicurezza territoriale rimangono quelle messe a disposizione dai Consorzi di Bonifica che, seppur in termini insufficienti, rappresentano l’unica risorsa in grado, con continuità, di produrre un valido presidio sul complessivo territorio regionale”.