La scultura realizzata con materiali di riciclo “industriali” richiama le pale dei vecchi mulini e raccoglie l’energia e il suono del vento integrandosi perfettamente con l’ambiente

Ferrara, 22 maggio 2024 – I vecchi mulini che con le loro pale spingevano l’acqua per generare energia hanno ispirato l’opera “Ecoidrovora” di Antonio Scarduzio che si è aggiudicata il primo premio concorso nazionale di scultura “De aqua et terra”, promosso dal Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara. Una scultura alta 7 metri, che raccoglie l’energia del vento e “risuona” nel giardino dell’Ecomuseo della Bonifica di Marozzo dove è stata inaugurata ieri, 21 aprile, alla presenza dell’artista e di: Riccardo Mantovani, membro del Comitato amministrativo e presidente commissione premio scultura; Mara Gessi e Antonio Caselli docenti dell’Istituto Dosso Dossi di Ferrara Alice Saponaro e Lisa Fiorini due studentesse dell’istituto, Paola Cavicchi, responsabile amministrativa del Consorzio, Katia Minarelli, capo settore segreteria e divulgazione del Consorzio  e Caterina Cornelio, membro esternoPresenti anche Francesca Apollonia Barbieri, dirigente scolastico del Liceo Artistico Dosso Dossi, Mauro Monti, direttore generale del Consorzio e Forlani Gianluca, Marini Gaetano dirigenti ConsorzioNel corso della cerimonia l’autore Antonio Scarduzio, architetto di origine molisana che ora vive e lavora in provincia di Grosseto, ha spiegato: “La mia è una famiglia di artisti, mio padre Luciano è un maestro d’arte che ha prodotto diverse centinaia di sculture in bronzo mentre mia madre è una pittrice. Per questo, durante e dopo la laurea in architettura, ho iniziato a realizzare modelli e sculture sperimentando tecniche diverse, dall’argento al legno, per poi approdare ai materiali di riciclo. Il progetto dell’Ecoidrovora è innanzitutto un omaggio a un altro membro della mia famiglia, il nonno che era un guardiano delle acque e si ispira ai suoi racconti sulla forza e la bellezza dei mulini, che con le loro pale spingevano l’acqua e generavano energia, così come le idrovore raccolgono l’acqua. La base, che richiama appunto alle pale dei mulini, è realizzata in corten, un tipo di acciaio che ossida naturalmente formando una patina protettiva di ruggine sulla superficie esposta all’aria mentre la parte superiore è in pannelli forati in acciaio inox che, insieme al tubo con l’anello in cima è pensato per raccogliere e far “parlare” l’energia del vento. Nel complesso si tratta di una scultura legata agli elementi atmosferici, che si integra con il paesaggio e con le altre opere che rendono prezioso il parco di Marozzo”.
Un manufatto artistico che arricchisce, dunque, uno dei luoghi storici del Consorzio a disposizione dell’intera collettività e che sottolinea il forte legame tra l’arte e la natura, come spiega Riccardo Mantovani, presidente della giuria del premio: “Questa è la settima edizione del Concorso di scultura, un’iniziativa che credo rappresenti alla perfezione il binomio tra attività consortile e apertura del nostro ente verso la cittadinanza, in questo caso grazie a premio legato al mondo della cultura. Si tratta di una grande soddisfazione per chi come me ha chiaro un concetto: per migliorare la società e consentire a tutti di ricevere i migliori servizi comprendendone la complessità, non bisogna fermarsi davanti al quotidiano. Il sistema di corsi d’acqua che tengono il territorio all’asciutto e garantiscono acqua all’agricoltura e alle attività produttive rappresentano, infatti, un quotidiano che tutti diamo per scontato e che non è un sistema semplice. Per questo, per far comprendere la complessità del lavoro che svolgiamo al Consorzio, occorre alzare il tiro della conoscenza trasversale: tecnica, del territorio, della cultura che genera e contamina.  È la terza volta che presiedo la commissione aggiudicatrice composta da esperti, appassionati, rappresentanti, studenti e mi capita la stessa cosa ogni volta: resto folgorato. Folgorato da quella che poi si rivela l’opera vincitrice, che si inserisce in modo gradevole nel nostro Museo a cielo aperto e che è coerente con l’obiettivo di rappresentazione della nostra “artificialità”. Elemento che lasceremo ai posteri nella speranza che tanto lavoro e tanto impegno possano divenire un moto perpetuo negli anni a venire”.