Roma – “Nel momento in cui la sicurezza alimentare assume rilevanza mondiale sempre maggiore sì da costituire il tema dell’EXPO universale 2015, emerge con particolare evidenza il ruolo strategico dell’acqua irrigua, risorsa indispensabile alla produzione di cibo. All’uso irriguo delle acque va quindi riconosciuta dall’ordinamento idonea priorità.”
Lo afferma Anna Maria Martuccelli, Direttore Generale dell’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni (A.N.B.I.), intervenendo alla Conferenza Nazionale Acque per la crescita e il lavoro, che si svolge a Roma.
“Il cambiamento climatico in atto – prosegue Martuccelli – rafforza il bisogno di tale priorità, giacché l’irrigazione, nello scenario, che il cambiamento determina, assume un fondamentale ruolo di mitigazione dell’incidenza negativa della variabilità climatica sull’economia ed in particolare sull’agricoltura.
Al terreno, l’acqua va garantita al momento, in cui le piante ne hanno bisogno; a ciò si può provvedere solo con l’irrigazione, essendo venuta completamente meno la sincronia tra regime delle piogge ed esigenze vegetative delle piante.
In tale contesto la domanda – si chiede il Direttore Generale A.N.B.I. – che occorre porsi è la seguente: la disciplina vigente è idonea a garantire alle acque irrigue l’assolvimento di tale rilevante funzione di mitigazione?
L’Europa chiede insistentemente, ai Paesi membri, interventi finalizzati alla mitigazione del cambiamento climatico in atto, ma nel contestuale rispetto dell’esigenza di tutela quantitativa e qualitativa delle acque. Sotto l’aspetto giuridico, si pone quindi il problema del contemperamento tra utilizzazione e tutela, cui la legislazione italiana dà idonee risposte sotto l’aspetto della disciplina degli usi, ma determina problemi a livello di pianificazione, anche in ragione del riparto di competenze.
In Italia, negli ultimi venti anni si è registrata una significativa e positiva evoluzione legislativa nella direzione di regole di contemperamento, mentre sono emerse, in sede comunitaria, interpretazioni, spesso fuorvianti, delle disposizioni contenute nella Direttiva Europea 2000/60 e che risentono di quella stessa mancanza di flessibilità, di cui l’Italia si lamenta in sede comunitaria con riferimento al patto di stabilità; mancanza di flessibilità, che si rileva nel voler attribuire, alle norme contenute nella Direttiva Europea, una portata fortemente limitativa degli usi in funzione di un obbiettivo prevalente di tutela, così come una portata fortemente espansiva nella determinazione dei costi per gli usi delle acque, con particolare riferimento a quelle irrigue.
Una discutibile interpretazione letterale di alcune norme della Direttiva e la mancata considerazione di altre rischia di determinare conseguenze molto pesanti e negative nel processo di crescita della nostra agricoltura.
Si deve tener presente che, nel nostro Paese, la legislazione, dettando una disciplina pubblicistica delle acque, è volta a consentire un’utilizzazione accorta e razionale della risorsa atta a garantirne la tutela, anche se la rigidità di alcune regole crea problemi per gli utilizzi. In particolare – conclude Martuccelli – sono necessarie norme regolamentari di snellimento e di semplificazione per consentire facilmente un uso plurimo delle acque irrigue.”