ANBI – “Un probabile bilancio di 7 morti in 2 giorni di emergenza maltempo in Puglia, Lazio e Toscana è un tragico, ancorchè preoccupante prologo al mese di Novembre, che statisticamente è il periodo più a rischio dell’anno; basta scorrere i dati meteorologici del secolo più recente per rendersi conto come all’undicesimo mese spetti il primato delle alluvioni: così è accaduto a Novembre 2010, ma non si può dimenticare che era Novembre quando il fiume Po, nel 1951, allagò il Polesine; era il 4 Novembre 1966, quando le acque del fiume Arno invasero Firenze, le acque del fiume Adige strariparono a Trento ed il mare allagò Venezia; era Novembre, quando ci sono state le grandi alluvioni del Piemonte nel 1994: è stato sempre a Novembre che il maltempo ha flagellato nel 2010 l’Italia (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna, Campania e Calabria); a Novembre 2011 di nuovo vittime e città allagate (Genova, Cinque Terre, La Spezia, Lunigiana, estendendosi in Toscana, in parte del Piemonte ed in Campania); meno di un anno fa, il problema ritornò di grande attualità, perchè vittime, allagamenti, frane, crolli, esondazioni diffuse, necessità di evacuazioni gettarono il Centro Nord nel caos (Toscana, Veneto, Liguria, Lazio, Umbria). Ancora una volta, in assenza di un Piano Straordinario Nazionale di Manutenzione del Territorio, arriviamo impreparati a questo, che è diventato una sorta di appuntamento con il destino.”
Sfoga così la sua amarezza Massimo Gargano, Presidente A.N.B.I. (Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni) di fronte alle nuove tragedie, che hanno colpito un Paese, sempre più in balia degli eventi meteorologici
Un’analisi dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale Ricerche (C.N.R.) annota che tra il 1950 e 2012 si sono registrati 1.061 eventi di frana e 672 eventi di inondazione. Le vittime sono state oltre 9.000 e gli sfollati e senza tetto oltre 700.000. Tali eventi hanno avuto impatto sui beni privati e collettivi, sull’industria, sull’agricoltura, sul paesaggio e sul patrimonio artistico e culturale senza contare le conseguenze occupazionali e psicologiche sulle comunità.
Secondo i dati ANCE-CRESME, tra il 1944 e il 2011, il danno economico prodotto in Italia dalle calamità naturali ha superato i 240 miliardi di euro, con una media di circa 3,5 miliardi di euro all’anno. Le calamità idrogeologiche hanno contribuito per circa il 25% al danno complessivo. Le cause sono molteplici: alla variabilità climatica, con il conseguente regime di piogge intense e concentrate nello spazio e nel tempo, si uniscono l’eccessiva urbanizzazione ed il disordine nell’uso del suolo.
Il Piano Nazionale per la Riduzione del Rischio Idrogeologico, redatto dall’ANBI che, indica annualmente gli interventi necessari (per il 2012 ne sono stati indicati 3.342, di cui 104 in Puglia, 109 in Toscana, 347 nel Lazio) perlopiù immediatamente cantierabili e l’investimento necessario (7.409 milioni di euro, di cui 349 in Puglia, 1.046 in Toscana, 628 nel Lazio), finanziabile con mutui quindicennali, è pronto per essere il punto di riferimento di una scelta strategica non più rinviabile, per una nuova stagione economica che il Paese chiede e che non può che avere nel territorio il punto di partenza per una cultura, finalmente dominante, che passa dalla protezione civile alla prevenzione civile.
“L’appello al Ministro Saccomanni ed al Governo – conclude Gargano – è che, nella prossima Legge di Stabilità, si dia concreto corso alle ripetute indicazioni, sia dal Parlamento che dalla società civile, a fare della salvaguardia idrogeologica una priorità nazionale, indicando nella manutenzione del territorio, attraverso lo stanziamento di adeguate risorse economiche, la più importante opera infrastrutturale, di cui il Paese abbisogna.”