INTERVISTA A MASSIMO GARGANO
di Antonio Boschetti
 
Anbi si appresta a gestire progetti per centinaia di milioni di euro finalizzati ad aumentare le riserve idriche del Paese e a promuovere l’uso razionale dell’acqua.
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Negli ultmi anni Anbi è protagonista di una serie di progetti finalizzati a efficientare la rete irrigua nazionale e a innovare l’intero settore. Per questo abbiamo chiesto al direttore generale di Anbi, Massimo Gargano, di ricordarci le iniziative già in corso. Nel 2018 sono stati sbloccati 283 milioni di euro per il Piano irriguo, finanziati nell’ambito del Piano di sviluppo rurale nazionale e 177 milioni dal Fondo sviluppo e coesione per analoghi progetti; a ciò vanno aggiunti 250 milioni, in 5 anni, per il Piano nazionale invasi. Ci sono inoltre 26 milioni di euro sulle annualità dal 2018 al 2024 per il rifinanziamento pluriennale della cosiddetta Legge Ravenna per il contrasto alla subsidenza e poi 70 milioni del decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 2015 per la mitigazione del rischio idrogeologico nel Centro-Nord.
Rispetto al Piano invasi, quale sarà la tempistica per aprire i cantieri?
Dopo la pubblicazione del decreto, firmato lo scorso 7 dicembre, i preposti organismi stanno completando i previsti controlli burocratici, per i quali sollecitiamo una rapida conclusione; poi si partirà con l’indizione degli appalti, per la cui stesura affiancheremo i Consorzi di bonifica locali.Ci piacerebbe inaugurare i primi cantieri entro l’estate.
Il Piano invasi approvato sarà sufficiente per affrontare il futuro? Assolutamente no, si tratta di un primo intervento cui dovrà seguire altrettanta scelta con la programmazione comunitaria post 2020: solo l’irrigazione collettiva consente di attuare politiche di risparmio e uso plurimo dell’acqua e quindi assicurare reddito e competitività per le imprese agricole e i territori. I Consorzi di bonifica sono lo strumento concreto per la sicurezza idrogeologica dei cittadini, per produrre il cibo di qualità del made in Italy e per la tutela dell’ambiente naturale. Chi non lo comprende e attacca i Consorzi non li conosce, oppure ha interessi contrastanti a quelli sopra enunciati.
Quali interventi possono garantire l’acqua necessaria all’agricoltura? Oggi tratteniamo solo l’11% della pioggia, pertanto serve una rete di invasi che abbini la funzione di riserva a quella di laminazione per il controllo di masse d’acqua altrimenti pericolose per il territorio. Ammodernare la rete irrigua, risparmiare acqua attraverso l’innovazione tecnologica, irrigare nuove aree agricole, eliminare i prelievi abusivi, promuovere gli usi multipli della risorsa sono i principali elementi di una nuova cultura dell’agricoltura irrigua. Anbi, tramite Irrigants d’Europe, fornirà supporto tecnico ai lavori della Commissione UE con l’impegno di far crescere ancora di più un fronte comune con gli altri Paesi mediterranei sensibilizzando al contempo in Italia chi ha responsabilità di Governo. I Consorzi hanno dimostrato un’elevata capacità progettuale. Certamente. A fronte di una disponibilità finanziaria del Piano irriguo nazionale di 283 milioni di euro, abbiamo presentato progetti esecutivi per oltre 1.300 milioni di euro. Fondamentale sarà far comprendere al Paese che la sfida della crescita e dell’occupazione si vince puntando con i fatti sui valori originali e distintivi della bellezza dei territori, senza tralasciarne la manutenzione. I Consorzi di bonifica, come soggetto della sussidiarietà, si candidano per questo obiettivo. Da sempre i Consorzi di bonifica applicano quel federalismo fiscale di cui oggi molto si parla, perché tutto quello che incassano viene reinvestito nei territori.
E sul fronte del risparmio di acqua? Da anni stiamo orgogliosamente conducendo una costante attività di ricerca applicata di cui il sistema Irriframe è esempio noto. Con il Consorzio del Canale Emiliano-Romagnolo, eccellenza riconosciuta internazionalmente, abbiamo creato «Acqua Campus», un centro per la ricerca e la verifica delle più moderne tecnologie irrigue che non perdiamo occasione di promuovere: dal 2018, durante Macfrut, a Rimini, allestiamo una vera e propria area irrigua e nell’ambito dell’iniziativa dei Villaggi Coldiretti realizziamo l’«Acqua Tour» nelle più importanti città italiane.
Quali gravi problemi restano? Oggi il Mezzogiorno è l’area più critica: Puglia e Sicilia, ad esempio, come certificano varie indagini, ultima quella della Svimez, pagano un prezzo altissimo in termini di infrastrutture scarse od obsolete, di perdita di reddito e competitività dei territori e di questo la politica regionale deve assumersene la responsabilità e impegnarsi per risolvere i danni creati da anni di gestioni commissariali. La risposta non è certo quella di privatizzare la risorsa, come si sta tentando furbescamente di fare in Regione Puglia, espropriando l’acqua agli agricoltori e ai cittadini, trasformandola da bene collettivo a bene commerciale.
(Fonte: L’informatore Agrario)